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Sant’Antimo è uno dei monumenti più belli e suggestivi in stile romanico, con evidente richiamo ai modelli lombardi.
La leggenda vuole che l’Abbazia sia sorta per volontà dell’Imperatore Carlo Magno che di ritorno da Roma, transitando lungo la via Francigena, rischiò di essere colpito dall’epidemia di peste che imperversava alle pendici del monte Amiata.
L’imperatore, in prossimità del fiume Starcia, fece un voto, chiedendo grazia per se stesso e per il suo seguito a che il terribile flagello cessasse e ricevuta la grazia fondò l’Abbazia di S. Antimo (781).
Del IX secolo rimangono soltanto la cripta e la cappella carolingia, la Chiesa attuale fu eretta nel 1118 ottenuta la protezione di imperatori e pontefici.
S. Antimo funzionò fino all’Undicesimo secolo per poi decadere successivamente, fu restaurata il 5 settembre del 1992 e affidata ai Canonici di S. Antimo, che seguono la regola di S. Agostino.
L’Abbazia sorge al centro di una valle proprio sotto il paese di Castelnuovo dell’Abate. Da Montalcino si segue la SP55 per circa 10 chilometri.
Appena prima di entrare a Castelnuovo dell’Abate si gira a destra per l’Abbazia. Sant’Antimo è uno dei più importanti esempi di architettura monastica del XIII° secolo e sicuramente il più importante monumento romanico della Toscana meridionale. La chiesa che oggi ammiriamo ha sostituito, attorno al 1100, una precedente Abbazia del IX° secolo.
Del complesso edilizio, appartenuto ai Benedettini e poi ai Guglielmiti, restano solo poche parti. La chiesa risale al XII° secolo ed è affiancata da un campanile quadrato. L’interno è a tre navate, con archi a tutto sesto sostenuti da colonne con capitelli in alabastro decorati con intrecci geometrici, floreali e figure umane ed animali. Un matroneo scandisce gli spazi interni.
L’altare impreziosisce l’abside semicircolare ad ambulacro, arricchito dalle cappelle radiali. Sotto l’altare è la cripta, dietro si trova un Crocifisso ligneo delle seconda metà del XII° secolo, mentre lungo la parete destra è collocato un altro gruppo scultoreo in legno raffigurante la “Madonna con Bambino in Trono” (del 1260 ca.). Fino al XIV° secolo Sant’Antimo fu importante centro spirituale, economico e culturale, spesso in contrasto con la stessa Repubblica Senese.
I segni della sua antica ricchezza sono ben visibili nelle forme architettoniche, con evidenti influenze francesi, e nella ricercatezza e particolarità delle decorazioni. La chiesa abbaziale è uno dei monumenti in stile romanico più importanti della Toscana.
L’edificio è ispirato ai modelli benedettini francesi e lombardi e si staglia grandioso in una campagna integra di rara bellezza. Anche se non ci sono prove certe, la leggenda vuole che a fondare l’abbazia fu l’imperatore Carlo Magno, nel 781, di ritorno da Roma.
Con sicurezza si sa che Ludovico il Pio, figlio di Carlo Magno in un documento dell’epoca fa atto di donazione all’abbazia di beni e privilegi per cui il luogo di culto esisteva sicuramente in epoca carolingia. Il nome dell’abbazia viene fatto risalire a Sant’Antimo di Arezzo, che fu martirizzato in queste campagne nel 352.
Qui venne edificato un piccolo oratorio, nei pressi di una villa romana, la cui esistenza è provata da numerosi reperti in marmo e pietra riusati per costruire il monastero come il bassorilievo con la cornucopia sul lato nord del campanile o alcune colonne nella cripta. Altre ipotesi fanno risalire il nome del complesso al Sacerdote Antimo, che visse e fu martirizzato nei pressi di Napoli.
Un’altra leggenda narra che Papa Adriano I avrebbe consegnato le reliquiE del santo a Carlo Magno che le donò all’abbazia nell’atto di fondazione. Dalle origine leggendarie si sviluppa una potente abbazia benedettina arricchita dalle donazioni dei carolingi, di Berengario II e di Adalberto.
L’abate di Sant’Antimo si fregia del titolo di Conte Palatino, ovvero consigliere del Sacro Romano Impero. Documenti papali e imperiali attestano la potenza dell’abbazia che nel medioevo arriva ad avere sotto la sua giurisdizione 38 chiese, numerosi castelli, poderi, mulini e monasteri dal grossetano al pistoiese passando per Siena e Firenze. Il possedimento principale della comunità era il vicino castello di Montalcino ove aveva residenza il Priore.
Nel 1118 il Conte Bernardo degli Ardengheschi attraverso una serie di accordi, cede i suoi averi all’abbazia; l’importante atto di donazione è inciso sui gradini dell’altare maggiore. In quel periodo, sotto la guida dell’abate Guidone, la chiesa viene ampliata per assumere l’aspetto che ancora oggi vediamo.
L’ispirazione del progetto fu tratta dalla grande abbazia benedettina di Cluny in Francia. Per realizzarla l’abate richiese proprio l’intervento di architetti transalpini. Con l’avvicinarsi del duecento iniziano i contrasti con Siena in cerca nuove terre per espandeRsi a sud.
Appoggiando la politica senese, papa Clemente III, nel 1189, assoggetta la pieve di Montalcino al Vescovo di Siena.
Nel 1200 il Podestà di Siena, Filippo Malavolti, attacca Montalcino, che viene in parte distrutta. Nel 1212 l’abate di Sant’Antimo, la città di Montalcino e Siena sanciscono un accordo che impegna l’Abbazia a cedere un quarto del territorio di Montalcino alla città senese.
Questa perdita segna l’inizio della decadenza di Sant’Antimo.
Alla fine del secolo, incalzata da Siena l’abbazia continua a perdere terreni. Nel 1291 papa Nicolò IV ordina la fusione della comunità dell’abbazia con i Guglielmiti. Nel 1462 papa Pio II Piccolomini sopprime il monastero e lo incorpora nella diocesi di Montalcino e inizia un lungo periodo di oblio che vede il complesso ridursi a sede di una fattoria mezzadrile.
Negli anni settanta del novecento a Sant’Antimo vengono girate alcune scene del film “Fratello sole e sorella luna” di Zeffirelli.
Per l’occasione le Belli Arti di Siena rifanno interamente il tetto della chiesa cambiando quasi tutte le parti lignee delle capriate. Oggi il complesso restaurato è rinato alla vita monastica grazie ai Canonici di San Norberto.
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